Don Alberto Mandelli prosegue la riflessione sul “Poema dell’Uomo-Dio” di Maria Valtorta.
La Donna della speranza
Ci trasferiamo sul Calvario, in quel venerdì 7 aprile dell’anno 30, che dicono essere stato il giorno della morte del Signore, e ci immergiamo in quell’esperienza, andando alla radice, sia delle tenebre, sia della luce.
L’ora più buia di tutta la Storia, l’ora della disperazione più cupa, l’ora delle Tenebre… La Speranza del mondo muore su una croce… La luce, prima viva oltre misura, va facendosi verdastra… Gesù sembra illividire sinistramente… Molti cominciano a impressionarsi per la luce che va avvolgendo il mondo… Qualcuno comincia ad avere paura…
È in questa luce crepuscolare e paurosa che Gesù dà Giovanni a Maria e Maria a Giovanni: «Donna, ecco tuo figlio… Figlio, ecco tua Madre»…
Le sofferenze sono sempre più forti… cominciano i primi inarcamenti propri della tetania. L’oscurità si fa sempre più fitta… L’ultimo spasimo… una convulsione atroce che pare svellere dalla croce il corpo infisso… il grande grido, che secondo la tradizione è la prima parte della parola “Mamma!”…
Poi più nulla… la testa ricade sul petto… il corpo tutto in avanti… il fremito cessa… cessa il respiro… è spirato… La speranza del mondo è spenta.
La terra risponde al grido dell’Ucciso con un boato pauroso… Su questo tremendo accordo, ecco le note isolate, laceranti, dei fulmini che rigano il cielo in tutti i sensi cadendo sulla città, sul Tempio, sulla folla… La terra si scuote in un turbine di vento ciclonico… il terremoto e l’aeromoto si fondono… la vetta del Golgota ondeggia e balla nelle scosse ondulatorie e sussultorie…
(Si fa in fretta a dire queste parole, ma bisogna immedesimarsi, essere dentro, fermarsi a contemplare e a vivere quell’ora)
Maria alza il capo dal petto di Giovanni e guarda il suo Gesù… Tende le mani che tremano e grida: «Figlio mio!… Figlio mio!… Figlio mio!…». Poi ascolta, per sentire se c’è ancora un palpito di vita, si pone in ascolto con la bocca aperta, quasi volesse ascoltare anche con quella… gli occhi dilatati per vedere… per vedere… Non può credere che il suo Gesù non sia più!… Quando capisce, si svincola da Giovanni, si curva tutta verso il suolo, si prostra, le mani agli occhi, e grida: «Non ho più Figlio!»… Vacilla… cadrebbe, se Giovanni non la raccogliesse tutta sul suo cuore…
Il Figlio morto, glielo depongono in grembo!… Sembra uno stanco, grande bambino tutto raccolto sul seno materno… Su quel grembo dal quale era uscito a Betlemme bello, radioso, vivo, caldo, palpitante di vita… ecco: ritorna sfigurato, stravolto, inerte, freddo, morto… Nell’oscurità ormai totale, Maria lo accarezza e la mano le scivola nello squarcio del torace… sotto le sue dita materne, sente il cuore del Figlio!… Il suo sangue, che a Betlemme era diventato tutto latte per il suo Gesù…ora diventa tutto lacrime!…
E lo depongono nella tomba vuota di Giuseppe d’Arimatea… Maria si fa solenne: ben diritta, le braccia verso terra, la testa lievemente riversa. Da tutto l’aspetto si capisce che prega… La Madonna è la prima, che presso quel tavolo di pietra per la preparazione, dove c’è il corpo morto di Gesù… è la prima che lo offre al Padre. Lei, l’unica che non ha smesso di sperare…
«Addio, Figlio mio!… Addio, mia Creatura!… Addio, Bambino mio!… santo… buono… amabile e amatissimo… bellezza… gioia… addio!… Sui tuoi occhi, sulle tue labbra, sui tuoi capelli, sulle tue membra gelide, sul tuo cuore trafitto… il mio bacio!…»
La notte del Venerdì santo trascorre tra il conforto delle pie donne e il lamento della Vergine-Madre dal cuore stritolato…
Segue il lungo Sabato santo, vissuto tra gli assalti ricorrenti di Satana e la missione materna di rincuorare gli Apostoli, che, disorientati, distrutti, dispersi come sono, ne hanno un vitale bisogno. Solo per cominciare a fare la loro mamma, Maria si è lasciata persuadere a staccarsi dalla tomba.
Poi c’è la notte del Sabato santo, consumata nella preghiera, in cui la sua fede diventa roccia… la sua speranza si fa certezza…la sua carità si dilata smisuratamente…
Il mattino di Pasqua. Sfinita, al limite della sopravvivenza, prostrata, il volto a terra, pare una povera cosa abbattuta, un fiore appassito, morto di sete… Ed ecco la finestra spalancarsi impetuosamente, e col raggio del primo sole entrare Gesù. Maria, che si è scossa al rumore e alza il capo per vedere, vede il suo Figlio raggiante… bello, infinitamente più bello di prima, di quando non aveva ancora patito… sorridente… vivo… luminoso più del sole… vestito di un bianco che sembra luce tessuta. Gesù avanza verso di Lei, e Lei si raddrizza sui ginocchi, congiunge le mani in croce sul petto, e con un singhiozzo che è riso e pianto esclama: «Signore, mio Dio!» e resta rapita a contemplarlo; il volto di Maria è ancora bagnato di lacrime ma si è fatto sereno, pacificato dall’estasi. Tendendo le mani, Gesù la chiama: «Mamma!». È un grido di trionfo, di gioia, di liberazione, di festa, di amore, di gratitudine. I raggi di luce che escono dalle ferite gloriose rendono ancora più luminosa la sua carne glorificata.
Nei Vangeli non c’è questa apparizione alla Madonna, ma c’è che il Signore, nelle sue apparizioni ha premiato la fedeltà. Non è apparso agli Apostoli per primi (e questo è uno dei motivi per cui non credevano alla sua resurrezione: «Se fosse veramente risorto, i primi a cui doveva apparire siamo noi»). Gesù invece appare prima alla Maddalena, poi alle pie donne, poi ai due discepoli sulla via di Emmaus. Gli Apostoli li lascia per ultimi: sono quelli che si sono comportati meno onorevolmente durante la Passione. Allora, se ha premiato la fedeltà, la prima persona a cui sarà apparso, è senz’altro la sua Mamma.
Queste riflessioni ci hanno dischiuso orizzonti di speranza ed hanno risvegliato l’anelito verso la santità della vita, in ordine alla Gloria che ci attende, compimento della speranza. Proseguiamo la nostra riflessione, sempre sulla scorta del racconto di Maria Valtorta.
La Donna glorificata
Diventata sotto la Croce la Madre di Giovanni e, in Giovanni, di tutta la Chiesa, a sua volta destinata ad abbracciare tutta l’umanità, la Madonna sente tutto il limite della sua condizione terrena… Il suo cuore si dilata all’infinito, ma il suo corpo non riesce a seguire il cuore…
E non si è Mamme solo col cuore, ma anche col corpo. Bisogna essere fisicamente vicino ai propri figli. E non è solo questione di spazio, ma anche di tempo. Bisogna sostare a lungo presso ciascuno. Bisogna entrare in una relazione vitale che coinvolge tutta la vita…
Tempo e spazio Le vanno stretti. La Chiesa cresce… non è più solo il gruppetto degli Apostoli e dei discepoli… nascono nuove Comunità… Lei non ne conosce quasi niente; quel poco, solo per sentito dire… non sa neppure pressappoco quanti figli ha! La sua sofferenza è profonda, continua e assillante, giorno e notte… Non riesce ad essere vicina ai suoi figli esposti a mille pericoli materiali, morali, spirituali… Non riesce ad adempiere alla consegna ricevuta dal suo Figlio morente, il suo testamento dall’alto della Croce. L’amore forza i limiti della natura, ma resta prigioniero del tempo e dello spazio…
Quando questo sforzo diventa non più contenibile, ecco l’estasi delle estasi… cioè l’estasi al termine della quale invece che essere l’anima che rientra nel corpo, è il corpo che segue l’anima, trasfigurandosi in bellezza eterna…
Entriamo così a contemplare e meditare il mistero dell’Assunzione al Cielo della Vergine santissima.
Raccogliendo le braccia sul petto, abbassando le palpebre sui suoi dolci occhi fulgidi di amore, dice a Giovanni curvo su di Lei: «Io sono in Dio. E Dio è in me. Mentre io Lo contemplo e ne sento l’abbraccio, tu di i salmi e quante altre pagine della Scrittura si riferiscono a me, specie quelle adatte a quest’ora… Io ti seguirò nella lettura con quanto ho ancora di me sulla Terra…»…
A un tratto una luce riempie la stanza: una luce uguale a quella che inondò la grotta di Betlemme… luce paradisiaca, in cui si muovono creature angeliche. Un dolcissimo, armonico arpeggio si diffonde. Gli angeli si dispongono a corona intorno al letto, sollevano il corpo immobile, e per un varco apertosi prodigiosamente nel tetto (così come prodigiosamente si aprì il sepolcro di Gesù) se ne vanno portando con sé il corpo della loro Regina, che, per quanto santo, è ancora soggetto alle leggi della materia…
Mentre sale sorretta dagli angeli, il suo corpo si trasforma in bellezza eterna: carne glorificata, nuova dimensione della vita, non più legata al tempo e allo spazio. Può essere come mamma, giorno e notte, vicino a ciascuno dei suoi figli, adempiendo così la missione che suo Figlio le ha consegnato dalla Croce.
Maria continua a salire veloce, non più aiutata, bensì circondata, scortata dagli angeli. Sale, sale sempre più in alto… fino all’incontro col suo Figlio Gesù – Egli pure splendido e sfolgorante di una bellezza indescrivibile – che le scende incontro e se la stringe al cuore… E insieme, fulgenti più degli astri, salgono al Padre…