1968, l’ingresso in un Gruppo di Spiritualità Familiare attivo a Lurago
Anna Maria partecipò con me alla vita di quel Gruppo fino alla morte, con una frequenza assidua e interessata, convinta di trarne aiuto per la sua ascesi spirituale personale e anche per un affinamento della sua cultura religiosa. Nei primi anni il Gruppo costituì pure, per la nostra coppia, un luogo di crescita comune; e in ciò fummo aiutati dalla presenza dell’assistente e di altre coppie più esperte di noi. In seguito, per la progressiva maturazione di tutti i figli, la spiritualità familiare non fu più la caratteristica del Gruppo, che assunse l’aspetto e la funzione, sempre utilissima, di un gruppo di studio della Scrittura e dei documenti del Magistero.
1990, il ricordo di una cara amica del gruppo familiare, Rosa Picotti Bertelè:
«Confesso che la sua sicurezza – che, ci sembrava, sosteneva anche quella di Paolo – ci lasciava spesso senza fiato, specie quando con la massima naturalezza alle tre figlie loro aggiunsero le altre due affidate, che divennero subito parte integrante della famiglia, nonostante i problemi che un simile impegno comporta. Come potesse seguire cinque figliole, ciascuna con le sue esigenze, per lungo tempo l’anziana suocera, poi il vecchio padre, e conciliare tutto ciò con gli impegni parrocchiali e soprattutto con la diuturna preghiera, la lettura, lo studio e la meditazione, è ancora per noi un mistero, che si spiega soltanto con la fede e la coscienza della presenza di Dio in lei, di cui aveva l’assoluta certezza».
Il ricordo di mons. Antonio Corti, assistente spirituale del gruppo familiare di Lurago:
«Altri che l’abbiano più frequentemente avvicinata e meglio conosciuta potrà parlare di Anna Maria più diffusamente e meglio di me. Io l’ho avvicinata nel Gruppo di Spiritualità Familiare che anch’essa frequentava. Mi pare davvero inutile parlare della sua accurata preparazione al Gruppo e dei suoi interventi pertinenti sempre. Ciò però che in lei mi ha colpito di più è stato il suo senso soprannaturale. Sentiva, e quindi viveva, la certezza della vita di Cristo in noi e delle conseguenze pratiche derivanti proprio dalla nostra identità di vita con Cristo; e lo sentiva in modo “trasparente”. Quando mi capitava di intervenire parlando della vita divina in noi, della nostra unione con Cristo, del nostro essere, come cristiani, viventi su un piano superiore a quello naturale, la vedevo brillare negli occhi, con lo sguardo che si faceva luminoso per un totale consenso, contenta quasi di respirare questa aria soprannaturale. E tale credo quindi sia stata tutta la sua vita, un vivere pure attivo, concreto, pienamente dedito alla famiglia e al prossimo, un vivere però guidato e animato dalla convinzione che la vera vita è quella di Gesù in noi; immersa ma anche superiore alla realtà terrena. È forse per questo che il Signore l’ha chiamata così presto?».