Ma arriva presto quel 9 aprile 1990, lunedì della Settimana Santa, e la morte, dopo quaranta ore di agonia. Quale mistero si nasconderà dietro la frase della suora incontrata da Paolo all’obitorio? .
“E’ stata con noi un giorno soltanto, ma quanto le dobbiamo! ” Non sarà stata certo la sofferenza in se stessa a impressionare una suora d’ospedale… Forse è stato ancora quel paradossale “gioire nella sofferenza” a conquistarla.
La mia ipotesi si fa però certezza, contemplando l’effetto della sua morte. Il giorno del suo funerale, anche la natura partecipava di quel fortissimo sentore di Risurrezione e di vita. “Dov’è o morte la tua vittoria?”. Si era in un trionfo di vita. Scrive Paolo: “C’era un bel sole e le montagne si stagliavano nette e luminose di neve contro il cielo; nella primavera fiorita di quel giorno e di quel luogo, si respirava un’aria di vita, non di morte.” (pag. 10)
E nel libretto (di prossima pubblicazione) “Ragazzi, vi presento Anna Maria”, aggiungerà: “Nessuno pianse. Non si può piangere quando un santo muore”.(pag. 89 della bozza)
E alla fine, nel cimitero di Villa Romanò, avvertendo un grande fremito fisico e interiore, ho partecipato anch’io al famoso canto del Magnificat intonato da Paolo davanti alla bara appena deposta di Anna Maria. Il Cielo si univa alla terra e la terra si univa al cielo in un incendio di vita. Sì, ancora la gioia e di una qualità indicibile, trasmessa da Anna Maria.
Nella sua vita “gioia” e “felicità” hanno significati diversi da quelli che comunemente vengono ad esse attribuiti. Per lei queste parole non possono essere vere senza una connessione diretta al Mistero di Dio e della sua Presenza. In una lettera a Paolo Anna Maria così scrive:
5 aprile 1960: “Un’osservazione fatta da parecchi in una riunione mi ha piuttosto colpita: dicevano che di solito quando ci si sente felici e contenti è facile dimenticarsi di Dio e che invece è nel dolore che si ricorre a Lui. Io assolutamente non posso condividere questa opinione: come è possibile non sentirsi vicini a Dio, a Gesù, quando si è felici ? Anzitutto perché se si è felici si ha anche Gesù in cuore, altrimenti non lo si sarebbe”.
Noi siamo convinti che la felicità sia il bene meno durevole che si possa immaginare. “Si è felici per un attimo”, diciamo. Se lei non la pensava così, è certo per quel suo “essere sempre con Lui”, il Padre della parabola della “divina misericordia” (che proprio oggi celebriamo).
Nell’autunno 1971 Anna Maria compone una toccante preghiera sulla felicità e la gioia: “So che Tu sei la vera felicità; sei Tu che ci liberi dall’angoscia, dalla noia della vita. E non che io viva triste o rassegnata nella speranza della gioia del Paradiso, perché come Ti trovo sento già gioia, sono già felice. […] Però spesso ci lasciamo distrarre nel mirare a questo: ci distraggono la vita affannosa, l’ansia del lavoro, del guadagno, la cura dei beni materiali, la cura della casa, del vestito, del cibo, dello studio, del corpo. Cose tutte belle e giuste, ma che, fatte con esagerazione, sembrano diventare il fine e non il mezzo per trovare la tua grazia.” (dalla raccolta delle sue riflessioni: “Colloquio continuo con Gesù”),