(all’Anonimo) Sono sicuro che non dovete risposarvi, però sono sicuro che quello che il Signore ha offerto alla Chiesa col nuovo Rito del Matrimonio è anche per quelli che sono già sposati, per riscoprire quello che hanno già dentro e quello che già vivono, magari.
(a Gaetano Noseda) Gli strumenti per vivere questo cantiere di santità con tutti i suoi rischi e pericoli sono tanti, ma soprattutto la preghiera. Ha impressionato anche me sentire questa mattina che Anna Maria pregava due ore al giorno, non so come facesse, io non sono capace, però lo colgo come uno stimolo, un buon esempio che devo prendere, io prete. (Ci pare opportuno rettificare: Anna Maria dedicava mediamente due ore al giorno non soltanto alla preghiera, ma a preghiera, meditazione, lettura della Bibbia, studio dei testi del Magistero, santa Messa quando vi partecipava, Forse il commento di don Sergio sarebbe stato diverso se avesse ricordato questo particolare, ndr). Credo che la preghiera è ciò che sostiene una vita di santità, non c’è dubbio. Non si può vivere per eroismo, così, per coraggio personale; una strada di santità si può vivere solo se c’è una comunione con Dio, che ti dà la forza momento per momento.
Poi io credo nell’importanza del coltivare la relazione, e questo ce lo insegnano anche l’Equipe Notre-Dame e tante altre associazioni, oggi, che danno molta importanza al tempo dedicato alla relazione di coppia, ai tempi della famiglia. E oggi sono tanti i nemici dei ritmi di vita della famiglia; pensiamo a che cosa è la televisione, al di là di quello che ci propone, ma ai tempi che sottrae alla relazione di coppia e alle relazioni familiari. Dobbiamo difendere questi tempi a denti stretti, perché altrimenti si accumulano i piccoli problemi della vita quotidiana che alla fine sono più devastanti, per esempio, del grosso problema di un tradimento o di qualunque altro problema, perché si crea o si accentua sempre di più una distanza che non sai a che cosa sia dovuta. Quindi il difendere, il coltivare i tempi della relazione, che è una piantina esile e sempre a rischio è importante.
Terza cosa: non isolarsi come famiglia, ma vivere relazioni forti con la comunità; qualche volta saranno relazioni di servizio, come dicevo, qualche volta saranno relazioni di appartenenza, di formazione, di Eucaristia domenicale, ma non isolarsi, perché l’isolamento è l’anticamera della crisi.
Poi oggi credo che non si possa essere all’altezza di vivere una vita ricca come coppia e come famiglia, se non c’è la formazione. Viviamo un tempo di grandi cambiamenti, e perciò occorre dedicare tempo anche alla formazione – come sposi e come genitori, come chiedeva la signora Carla di Milano -. Dobbiamo chiedere che nelle nostre comunità vengano offerti spazi e occasioni formative; dobbiamo però anche sollecitare che queste occasioni formative oggi vengano valorizzate perché sono indispensabili per la sopravvivenza e l’efficacia della vita di coppia. In questo senso sono d’accordo d’istituire dei corsi anche per le coppie sposate, ma ci sono; se chiedete a don Silvano e agli altri responsabili della pastorale familiare delle vostre diocesi, sicuramente ve ne indicano tantissime, anche all’interno delle parrocchie.
(a Beppe Rigamonti) Mi si chiedeva qualche aggancio con la figura di Anna Maria; non riesco a farlo, se non richiamando le cose di questa mattina, soprattutto la sua vita eucaristica, la sua vita di comunione con Dio, il suo sorriso, cioè la capacità di sorridere anche nelle difficoltà, che è uno dei punti della legge scout, ma è anche uno dei punti della legge del vangelo, cioè riuscire ad affrontare le situazioni consapevoli che non siamo soli ma che il Signore ci aiuta.
(a Bruno Perboni) Quello che diceva Bruno: “essere ottimisti verso la famiglia”. Io sono convinto che dobbiamo oggi annunciare e sollecitare questo ottimismo perché c’è troppo pessimismo intorno alla famiglia. La famiglia viene chiamata in ballo dai mass media solo per dire che è successa la tragedia… che il marito ha ucciso la moglie… ecco. Io credo invece che il far conoscere esperienze positive e che voi sposi raccontiate queste cose, le raccontiate prima ai vostri figli, anche il bello della vostra vita di coppia oggi è bello, è possibile, si può vivere insieme per sempre, si può essere felici, e che voi non siete eccezioni; dovete dirlo.
Oggi la nostra cultura, il nostro ambiente ha bisogno di queste testimonianze; del resto, io sono convinto e continuo a dire che la pastorale familiare forse oggi è una delle pastorali più gratificanti, perché quando noi investiamo sulle famiglie abbiamo delle risposte che sono straordinarie. Oggi più di ieri, io trovo che ci sono delle giovani famiglie che danno una testimonianza di serenità, di coraggio, di fiducia nella vita.
Queste testimonianze dobbiamo evidenziarle nella comunità perché sono come le prime primule (a Trento, proprio al mio paese, su in montagna a 750 metri, le ho viste soltanto pochi giorni prima di Pasqua) e quelle ci dicono che ormai è primavera. Allora la presenza di queste coppie, soprattutto di giovani coppie che vivono con entusiasmo e con gioia la loro identità di coppia e di famiglia, è il segno della primavera, è un segno di speranza.
(a Duccio Jachia) Il problema posto da Duccio. Il battesimo possiamo darlo, in qualunque situazione, purché ci sia una disponibilità ad aiutare questa creatura a crescere nella fede; il Direttorio dice che basta che non si pongano ostacoli, che i genitori, che forse vivono in una situazione lontana dalla fede o la vivono a modo loro o sono lontani dalla Chiesa, basta che acconsentano che qualcuno aiuti questo loro figlio a crescere nella fede. Questo è sufficiente per poter dare il battesimo; però si richiede forte la presenza della comunità. In ogni caso io credo che dobbiamo accompagnare le persone partendo da dove sono, non possiamo dire «Questo è il punto di partenza; chi vuole, ecco, partiamo tutti da qui». Oggi il compito della Chiesa – e quando dico Chiesa intendo sacerdoti, sposi, laici, tutti – è fare un pezzo di strada con le persone a partire da dove si trovano, quindi cercando di stabilire una relazione che non sia giudicante, non sia condannante, ma che sia una relazione di accoglienza umana: «Guarda, se vuoi, facciamo un pezzo di strada insieme». Non sappiamo dove ci porta il Signore; noi sappiamo solo che dobbiamo stare vicini, poi i risultati li vede solo lui.
(a Carla Lunati) Che i genitori siano aiutati a dare una guida sicura ai loro figli. Sono convinto che oggi, come Chiesa, non solo dobbiamo puntare sulla formazione degli sposi come sposi, ma anche puntare sull’aiuto ai genitori perché sappiano far bene i genitori. In giugno ci sarà anche un convegno nazionale su questo tema: “Educare da cristiani in famiglia”, a Pescasseroli; arriveranno ai responsabili diocesani i dépliant fra qualche giorno.
(a Romina Chiotti) A Romina e Silvio voglio augurare anch’io – mi sembra che partano col piede giusto – voglio augurare che abbiano una vita felice, ma non nel senso superficiale, cioè di “non incontrare mai difficoltà”. L’augurio è che sappiate sempre, in qualunque momento della vostra vita, che il Signore vi sarà vicino e spero anche che vi sarà vicina la comunità, perché anche nelle difficoltà è possibile far saltar fuori dei salti di qualità nella relazione di coppia, nella qualità della testimonianza della coppia e nella possibilità di essere una ricchezza anche per gli altri.